CONTRO IL RAZZISMO E LO SFRUTTAMENTO
con i migranti di Rosarno, contro la Bossi-Fini e contro Maroni
– Esplode una tragedia annunciata a Rosarno, uno dei ghetti del profondo Sud d’Italia, una delle zone grigie senza diritti del Paese. Migliaia di migranti sfruttati nei campi, ridotti in schiavitù e infine perseguitati e deportati. È una tragedia annunciata perché si ripete, dopo la rivolta di Castelvolturno, una rivolta provocata dall’odio razzista. Abbiamo assistito agli spari sugli africani che provano ad affermare i propri diritti più elementari. A Rosarno negli ultimi dieci anni la situazione è peggiorata, nell’assenza quasi totale delle istituzioni locali e nazionali, mentre le denunce delle associazioni, dei movimenti, dei rosarnesi e calabresi sensibili sono state ignorate.
– Ma quello che è accaduto sulla Piana di Gioia Tauro è soltanto l’ennesimo segnale del disagio profondo dei cittadini immigrati in Italia. A pochi mesi dall’approvazione del Pacchetto sicurezza, si determina sempre più concretamente un contesto sociale dove i più deboli, gli invisibili sono merce da sfruttare. Sono le politiche securitarie del governo a determinare la clandestinità di centinaia di migliaia di persone, alimentando il lavoro nero nei campi, nei cantieri nelle fabbriche, in tutto il Paese.
– Ciò è ancor più vero nel Sud del Paese. In Campania, in Sicilia, in Puglia e in Calabria l’economia agricola si basa essenzialmente sulla manodopera straniera a basso costo. Ed è lì che si negano i diritti più elementari: lavorano e vivono come fantasmi, senza vie di fuga. Seguono le rotte stagionali dei campi che vanno dal Tavoliere a Castel Volturno, da Sibari a Rosarno fino a Cassibile, lavorando per pochi spiccioli e vivendo in condizioni inaccettabili.
– Ed è qui che si inserisce la questione mafiosa. Sono le mafie a gestire i traffici di esseri umani, sono le mafie a controllare le campagne. Lo dicono le tante inchieste che colpiscono la manovalanza criminale, senza però individuare il livello superiore. Nel Sud del Paese, le politiche securitarie giocano a favore delle organizzazioni mafiose: un salto indietro di oltre 60 anni, quando il caporalato era la forma tipica di organizzazione del lavoro agricolo.
– Sono gravi e non possono passare sotto silenzio le parole pronunciate dal commissario prefettizio di Rosarno, che è Comune sciolto per mafia: la rivolta come diversivo voluto dalla ‘ndrangheta per distogliere l’attenzione da Reggio Calabria, dopo l’allarme bomba in procura. Parole ancora più gravi quelle di Maroni, che invoca il pugno duro contro i clandestini mentre è in corso la “caccia al nero” a colpi di fucile. Si profila in questo modo un vero e proprio “modello Rosarno”, uno schema di deportazione brutale delle tante aree di degrado e sfruttamento che ha già avuto un precedente a San Nicola Varco. E che adesso il governo intende applicare a tappeto.
Per questi motivi siamo solidali coi migranti di Rosarno e con tutti coloro nel nostro Paese non ricevono un’accoglienza dignitosa e a cui non sono garantiti i diritti elementari:
PER I DIRITTI E LA DIGNITA’
RIBELLARSI E’ GIUSTO
– Il caso Rosarno è dunque un caso nazionale. Perché è un prodotto delle politiche sulla sicurezza e un episodio del generale clima di intolleranza che si respira in Italia, perché è un caso umanitario, perché è un episodio dello sfruttamento comune nelle campagne del Sud, perché è un prodotto della questione meridionale, perché si interseca con la questione mafiosa, perché occorre ripristinare l’agibilità politica e democratica in Calabria.
– Ci appelliamo alla società civile rosarnese, a quelle fasce di disagio sociale che vengono sottomesse dal governo clientelarmafioso del territorio, affinché riconoscano nei lavoratori immigrati un alleato nella lotta per il riscatto da questo sistema soffocante. La solidarietà verticale che si è espressa a Rosarno è tipica: con la crisi, è utile a padronato e governo indirizzare il disagio sociale contro l’anello più debole in una guerra tra poveri che impedisce di riconoscersi come ugualmente sfruttati. Per questo è importante capire che la lotta per la regolarizzazione dei lavoratori immigrati è la stessa lotta di tutti i lavoratori italiani costretti al lavoro nero e alla crescente precarietà sociale.
– E’ importante dunque sostenere una mobilitazione nazionale, che coinvolga le associazioni e i partiti, i sindacati e le organizzazioni di massa, le realtà territoriali, la chiesa, i movimenti, i cittadini e le cittadine che dicono no al razzismo. Costruiamo una rete nazionale di solidarietà che supporti gli africani prima sfruttati e poi deportati. E mobilitiamoci sui territori, per costruire un movimento capace di dare un segnale forte sul caso Rosarno, radicare il dissenso, progettare l’accoglienza.
- Se di regole c’è bisogno, si tratta di leggi che tutelino i diritti dei migranti, contro il lavoro nero, e politiche di accoglienza degne di questo nome. Per questo motivo chiediamo la concessione del permesso di soggiorno a tutti i migranti di Rosarno. Lanciamo una vertenza per la regolarizzazione degli stranieri che lavorano in agricoltura. E chiediamo una sanatoria generalizzata che salvaguardi la vita di migliaia di cittadini sfruttati e soggiogati dalle mafie che gestiscono la compravendita di forza lavoro.
– Dopo la protesta e il corteo del 9 gennaio, dopo il sit-in con le arance insanguinate del 12 gennaio al Senato, dopo le tante iniziative che si sono svolte nel Paese, la mobilitazione non si ferma, ma cresce.
– Il 19 gennaio a Roma, a Caserta e in tante altre città italiane si terranno dei presidi sotto le prefetture, per far sentire la nostra voce portare al governo le nostre proposte.
A ROMA APPUNTAMENTO SOTTO LA PREFETTURA IN P.ZZA SANTI APOSTOLI ALLE ORE 16.00
– 24 gennaio a Roma l’assemblea nazionale sulle migrazioni, che segue alla grande iniziativa del 17 ottobre, Via De Lollis, n. 6 Roma (vicino Metro Termini).