A Rosarno l’ordine è stato ristabilito. Il dispiegamento militare dello Stato ha risolto in quella terra il problema della situazione da guerra civile seguita alla giusta rivolta dei braccianti immigrati, privati dei più elementari diritti.
Le stesse persone costrette a fuggire dalla guerra e dalla devastazione che il grande capitale e i governi occidentali portano nei loro paesi, vengono esposte nella democratica e civile Italia all’asservimento, alla segregazione e al linciaggio, fino alla reclusione nei campi d’internamento chiamati ora CIE, già CPT. Questo è l’esito del cosiddetto “controllo dei flussi” realizzato da Schenghen in poi, con leggi come la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini, il Pacchetto Sicurezza. A cui oggi, dopo Rosarno, si aggiunge un nuovo strumento: la deportazione.
Questo è il sistema che consente alla grande distribuzione dei generi alimentari di lucrare, nel quadro delle direttive dell’UE: a Rosarno come nel casertano, nel foggiano, nell’Agro Pontino, nel “ricco nord est” tutti sanno che le maggiori produzioni agricole di questo paese si arricchiscono grazie all’abbattimento del costo della manodopera. Arance, pomodori, fagiolini e tutti i gloriosi prodotti dell’industria alimentare italiana raggiungono le tavole di mezzo mondo grazie al bisogno estremo di lavoro delle masse di giovani immigrati.
Da Bari a Roma, con un biglietto di sola andata. Così circa duecento di questi lavoratori si sono ritrovati nella capitale senza alcun punto di riferimento. Dalle baracche e dagli accampamenti della piana di Gioia Tauro ai portici di via Marsala, a far compagnia alle altre migliaia di persone che già pagano il prezzo del generale impoverimento della popolazione.
La Roma delle istituzioni ha guardato altrove, impegnata com’è a costruire centri commerciali, a fantasticare circuiti di formula 1, a rappresentarsi tristemente nell’ennesimo teatrino elettorale.
La rete di realtà autorganizzate del Pigneto invece ha aperto le porte ad una parte di questi lavoratori, improvvisando un luogo di prima ospitalità all’interno del Centro Sociale ex SNIA, in via Prenestina. Il centro sociale, l’Osservatorio Antirazzista Territoriale, il Comitato di Quartiere, l’associazione Progetto Diritti, l’Assemblea delle donne del consultorio, e tanti altri hanno messo in campo tutte le risorse per garantire una risposta immediata ai bisogni primari attivando, come già accaduto in passato, una rete spontanea di solidarietà che ha coinvolto tutto il territorio.
Lo Sportello legale attivo nel territorio sta lavorando per il riconoscimento dei permessi di soggiorno, Medicina solidale si sta occupando dell’assistenza sanitaria. Questo contesto di solidarietà attiva ha permesso che cominciasse un percorso di autorganizzazione, concretizzatosi nella prima ASSEMBLEA DEI LAVORATORI AFRICANI DI ROSARNO A ROMA, che da questo momento diventa il luogo centrale delle prossime mobilitazioni.
Ma non basta. Bisogna denunciare i responsabili politici di questa vergogna. Lo stesso governo che ha deliberatamente lasciato migliaia di lavoratori nelle inumane condizioni delle tante Rosarno d’Italia, oggi ignora la condizione di profughi che ha creato con la deportazione. Senza casa, senza lavoro, senza reddito alcuno. Le istituzioni avrebbero poteri, responsabilità e risorse per garantire il diritto di questi lavoratori ad un’ospitalità degna.
Le azioni di solidarietà vanno tradotte immediatamente in percorsi di lotta. I lavoratori africani di Rosarno hanno alzato la testa, tra i pochi in questo paese narcotizzato. Insieme a loro intendiamo porre il problema alla città ed alle sue istituzioni per rivendicare quello che spetta loro di diritto:
PERMESSI DI SOGGIORNO, ALLOGGI DIGNITOSI, ASSISTENZA SANITARIA, UN LAVORO REGOLARE PER TUTTE LE VITTIME DELLA “CACCIA AL NEGRO” E DELLA DEPORTAZIONE DI ROSARNO.
C.S.O.A. eXSnia Viscosa
Osservatorio Antirazzista Territoriale Pigneto – Tor Pignattara
Comitato di Quartiere Pigneto Prenestino
Assemblea delle Donne del consultorio del Pigneto
Associazione Progetto Diritti