"Rosarno, immigrati schiavizzati": Arrestati
i caporali della rivolta
Nove persone in carcere e 21 ai
domiciliari nella cittadina calabrese: le indagini avviate dopo gli
scontri: "Emergono sfruttamento e minacce ai lavoratori extracomunitari"
ROSARNO – Almeno trenta
persone arrestate a
Rosarno con l’accusa di aver fatto parte del racket dello
sfruttamento e della riduzione in schiavitù degli immigrati nel
settore agricolo. Nove persone sono finite in carcere, 21 ai
domiciliari. L’operazione "Migrantes" anti-caporali nasce dalle
indagini avviate nel gennaio scorso, dopo la
rivolta
degli extracomunitari impiegati nella raccolta degli
agrumi.
Dalle indagini emerge chiaramente che alla base di quella rivolta
c’erano lo sfruttamento e le condizioni inique in cui gli immigrati
erano costretti a lavorare: dalle 12 alle 14 ore al giorno per un
compenso tra i 10 e i 25 euro (un euro a cassetta per la raccolta
dei mandarini e 50 centesimi per le arance), con una cresta di 10
euro su ogni lavoratore per i caporali. E quegli immigrati che si
fossero ribellati avrebbero rischiato di subire ritorsioni e
minacce. La rivolta di Rosarno, quindi, è stata determinata dalla
stanchezza e dallo sfruttamento. Due sentimenti esplosi quando due
lavoratori extracomunitari sono stati feriti a colpi d’arma da
fuoco per mano dei rosarnesi.
I trenta arrestati sono accusati di essere parte
dell’organizzazione di sfruttamento. Tra loro ci sono sia italiani
che extracomunitari: marocchini, tunisini, algerini e una donna
bulgara che si spostavano tra villa Literno nel casertano,
Cassibile, in provincia di Siracusa, e Palagonia, vicino a Catania,
per reclutare lavoratori e condurli nei campi. Una sorta di rete
clandestina di collocamento che imponeva le stesse condizioni in
tutti i luoghi di lavoro. Chi non acconsentiva, non lavorava. Nel
corso dell’operazione sono state sequestrate anche 20 aziende e 200
terreni, per un valore complessivo di circa dieci milioni di euro.
Sono state poi scoperte anche numerose presunte truffe nei
confronti degli enti previdenziali.
E se gli sfruttatori sono finiti in manette è stato anche grazie ai
racconti degli immigrati stessi che nei centri d’accoglienza di
Bari e Crotone, dove sono stati portati subito dopo gli scontri,
hanno spiegato come erano andate le cose. A questi immigrati che
hanno collaborato con la giustizia, il governo italiano ha promesso
il permesso di soggiorno.
I fermi eseguiti a Rosarno contribuiscono a erodere la struttura
della criminalità organizzata calabrese solo in piccola parte.
Secondo le stime dell’Istituto Demoskopika, infatti, nell’ultimo
decennio gli immigrati sbarcati sulle coste della piana di Gioia
Tauro sono stati oltre 19mila. Questa manodopera a basso costo è
stata regolarmente sfruttata dalla ‘ndrangheta calabrese e ha
prodotto un giro d’affari di circa 290 milioni di euro.
Non stupisce quindi che per Keita, bracciante africano arrivato a
Roma dalla Calabria dopo gli scontri, quella degli arresti sia "una
buona notizia". Keita è solo uno dei 50 uomini alloggiati in un
centro sociale della capitale che sono riusciti a creare dal nulla
l’Associazione dei lavoratori africani di Rosarno (Alar) per
favorire "la crescita di una coscienza politica", dice. L’Alar
organizza manifestazioni e proteste da febbraio. Megafono alla
mano, i migranti dell’Associazione romana hanno chiesto un incontro
con il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro. Per il momento però
l’unica cosa che l’Aral è riuscita a ottenere dal governo è il
riconoscimento del titolo provvisorio per quegli 11 immigrati che
erano stati feriti durante gli scontri di gennaio. "Ora chiediamo
che anche tutti gli altri trovino la legalità. Dopo questa notizia
di arresto gridiamo ‘Mai più!’. Alar sarà la nostra sigla di
lotta!", assicura Kader, un ivoriano ventinovenne tra i fondatori
dell’Associazione.
(26 aprile 2010)
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/04/26/news/arresti_rosarno-3621507/