Agenzia Agi sulla situazione dei lavoratori africani di Rosarno a Roma

 MIGRANTI: LA DIASPORA ROMANA DI ROSARNO

(AGI) – Roma, 23 apr. – Vive a Roma, alloggiata alla meglio in
un centro sociale, parte della diaspora dei braccianti africani
costretti ad andarsene da Rosarno dopo gli scontri di gennaio.
 
Sono circa cinquanta, soltanto uomini, e sono riusciti a
trasformare la disperazione iniziale in volonta’ di continuare
a rivendicare i loro diritti. Hanno creato l’Associazione dei
lavoratori africani di Rosarno a Roma (Alar) e vogliono
favorire la crescita di una "coscienza politica". Dicono di
essere delusi dai sindacati confederali. "Rosarno e’ stata una
tragedia per noi e diciamo: ‘Mai piu’!’. Alar sara’ la nostra
sigla di lotta!", ha detto all’Agi uno dei fondatori
dell’associazione, Kader un ivoriano ventinovenne. Parlano di
"lotta", di quella che considerano una "deportazione" da
Rosarno. Ma non vogliono piu’ essere compatiti. "La compassione
ci ha aiutato, ma ora non basta. Abbiamo capito che solo
impegnando noi stessi possiamo andare avanti", ha proseguito
Kader. Trascorsi quasi tre mesi, la loro condizione di
precarieta’ assoluta, in questo centro sociale sulla via
Prenestina, sta assumendo un altro aspetto: i locali spogli e
sporchi hanno assunto l’aspetto di stanze. Ogni domenica si
riuniscono in assemblea per discutere modi d’azione, del
seguito che hanno i loro comunicati. Per la parte
amministrativa, sono sostenuti dai membri di un’associazione
romana contro il razzismo. Il dibattito va avanti tutto il
pomeriggio e ognuno discute nella propria lingua. Allora si
passa a una traduzione prima in francese poi in bambara, wolof
e malinke. Sono le lingue dell’Africa occidentale, dal Senegal
alla Costa d’Avorio. "E’ fondamentale che tutti partecipino
alla discussionee", sottolinea Sadia dell’associazione ‘6
antirazzista’ e per l’occasione interprete. Racconta la sua
esperienza di militante e dice che Alar le permette di dare un
senso a una rabbia profonda. "La tragedia di Rosarno ha
traumatizzato molti di noi. Ci impegnamo in un modo cosi’
deciso anche perche’ speriamo che il nostro dramma serva a
cambiare le cose per tutti i lavoratori africani". Eppure
l’impegno politico non era la priorita’ per i piu’. La
preoccupazione iniziale era quella era di trovare un lavoro e
dunque i soldi da spedire alle famiglie. Alcuni di loro sono
anche tornati a Rosarno, qualche giorno dopo gli scontri.
 
L’Alar di Roma si sta trasformando suo malgrado in un centro di
formazione dei diritti: vi transitano molti stagionali di
Rosarno che poi tornano ‘a casa’ con una nuova consapevolezza e
coscienza dei propri diritti.
L’associazione oggi ha il sostegno di alcuni produttori
indipendenti del sud Italia che hanno proposto di accogliere i
lavoratori, di pagare loro uno stipendio regolare e offrire
condizioni di lavoro dignitose. "Quello che vorremmo fare
capire ai piccoli produttori indipendenti e’ che a Rosarno si
e’ consumata una guerra tra poveri. Noi e loro abbiamo in
comune l’essere sfruttati dalla grande distribuzione e dalle
organizzazioni criminali mafiose che costringono a produrre a
costi sempre piu’ bassi. Lo sfruttamento inizia qua", spiega un
membro di ‘6 Antirazzista’. I lavoratori raccontano che erano
pagati 25 euro al giorno per 10 ore di lavoro nei campi per la
raccolta della frutta.
Ma l’Alar oltre a fare proposte ne riceve. Un sacerdote di
Siracusa ha avuto l’idea di fondare insieme all’associazione
una cooperativa di lavoratori stranieri. Un modo per garantire
l’autogestione e prevenire abusi e sopraffazioni. E non e’
detto che presto l’idea non si trasformi in progetto. Tuttavia
la battaglia principale combattuta dall’organizzazione e’
quella per i documenti. "Abbiamo il diritto al permesso di
soggiorno umanitario perche’ siamo doppiamente rifugiati",
osserva Kader, regolare da un anno, "prima in fuga dal nostro
paese d’origine in cui la situazione sociale ed economica non
ci permette di vivere, poi da Rosarno dove siamo stati
cacciati". In febbraio e marzo, banderuole e megafono alla
mano, i migranti di Alar hanno manifestato varie volte davanti
alla Prefettura di Roma per reclamare un’udienza del Prefetto.
 
Per il momento il governo italiano ha riconosciuto il titolo
provvisorio solo a undici di loro che erano stati feriti
durante gli scontri. L’Alar si batte per tutti gli altri che
rimangono nell’illegalita’. "A Rosarno eravamo 60 e la maggior
parte ha avuto paura di andare all’ospedale. Ora non sono
riconosciuti come vittime, ed e’ profondamente ingiusto",
riferiscono dall’associazione. Nata nell’emergenza, Alar ha
imparato confrontarsi con realta’ sempre piu’ difficili. "I
grandi hangar in cui gli stagionali dormivano vicino ai campi
sono stati chiusi dopo gli scontri", spiega Beppe responsabile
di un’associazione calabrese, "ora sono costretti a vivere in
case abbandonate, lontano dalla citta’, senza acqua e ne’
luce". Ma all’Alar di Roma soffia il vento della speranza.
 
"Anche se il nostro sogno di giustizia e’ troppo grande per
diventare realta’", conclude Kader, "sono convinto che se
restiamo uniti riusciremo a far valere i nostri diritti. Non
dobbiamo piu’ avere paura di reclamare il diritto di essere
pagati per il nostro lavoro e di vivere in modo decoroso. Si
deve rompere il circolo vizioso che oggi vede la maggior parte
degli stagionali accettare stipendi da fame a qualsiasi costo".
 
(AGI)
Red

http://www.ong.agimondo.it/notizie-in-tempo-reale/notizie/201004231649-cro-rt10270-migranti_la_diaspora_romana_di_rosarno

This entry was posted in Rassegna Stampa. Bookmark the permalink.