Agenzia Agi sulle dichiarazioni dell’ALAR dopo gli arresti di Rosarno

ROSARNO: GLI AFRICANI DELLA
DIASPORA ROMANA, "UNA BUONA NOTIZIA"

(AGI) – Roma, 26 apr. – "Una buona notizia" l’arresto a Rosarno
di trenta ‘caporali’ e il sequestro di beni per un valore di 10
milioni di euro. "Sono contento che la magistratura alla fine
ha accertato che lavoravamo in condizioni di sfruttamento". A
parlare e’ Keita, uno della diaspora romana dei braccianti
africani di Rosarno costretti a lasciare la Calabria dopo gli
scontri dello scorso gennaio. Sono circa cinquanta, soltanto
uomini, sono alloggiati in un centro sociale sulla via
Prenestina e sono riusciti a trasformare la disperazione
iniziale in volonta’ di continuare a rivendicare i loro
diritti. Hanno creato l’Associazione dei lavoratori africani di
Rosarno (Alar) e vogliono favorire la crescita di una
"coscienza politica". Dicono di essere delusi dai sindacati
confederali.
 
"Rosarno e’ stata una tragedia per noi e diciamo: ‘Mai piu’!’.
 
Alar sara’ la nostra sigla di lotta!", ha detto all’Agi uno dei
fondatori dell’associazione, un ivoriano ventinovenne che si
chiama Kader. Parlano di "lotta" e ricordano la partenza da
Rosarno come una "deportazione". Ma non vogliono piu’ essere
compatiti. "La compassione ci ha aiutato, ma ora non basta.
 
Abbiamo capito che solo impegnando noi stessi possiamo andare
avanti", ha proseguito Kader. Trascorsi quasi tre mesi, la loro
condizione di precarieta’ assoluta, in questo centro sociale,
sta lentamente cambiando: i locali spogli e sporchi hanno
assunto l’aspetto di stanze. Sono aiutati da un’associazione
romana contro il razzismo. Riuniti in assemblea, come ogni
domenica, discutono strategie, valutano il seguito che hanno
avuto i loro comunicati. Il dibattito va avanti tutto il
pomeriggio e ognuno discute nella propria lingua. Allora si
passa a una traduzione prima in francese poi in bambara, wolof
e malinke. Sono le lingue dell’Africa occidentale, dal Senegal
alla Costa d’Avorio. "E’ fondamentale che tutti partecipino
alla discussionee", sottolinea Sadia dell’associazione ‘6
antirazzista’ e per l’occasione interprete. Racconta la sua
esperienza di militante e dice che Alar le permette di dare un
senso a una rabbia profonda: "La tragedia di Rosarno ha
traumatizzato molti di noi. Ci impegnamo in un modo cosi’
deciso anche perche’ speriamo che il nostro dramma serva a
cambiare le cose per tutti i lavoratori africani".
 
Eppure l’impegno politico non era la priorita’ per i piu’. La
preoccupazione iniziale era quella di trovare un lavoro e
dunque i soldi da spedire alle famiglie. Alcuni di loro sono
anche tornati a Rosarno, qualche giorno dopo gli scontri.
 
L’Alar di Roma si sta trasformando in un centro di formazione
sui diritti e vi transitano molti stagionali di Rosarno che poi
tornano ‘a casa’ con una nuova consapevolezza e coscienza.
 
L’associazione ha anche il sostegno di alcuni produttori
indipendenti dell’Italia meridionale, pronti ad accogliere
questi lavoratori, pagare uno stipendio regolare e condizioni
dignitose. "Quello che vorremmo fare capire ai piccoli
produttori indipendenti e’ che a Rosarno si e’ consumata una
guerra tra poveri. Noi e loro abbiamo in comune l’essere
sfruttati dalla grande distribuzione e dalle organizzazioni
criminali mafiose che costringono a produrre a costi sempre
piu’ bassi. Lo sfruttamento inizia qua", spiega un esponente di
‘6 Antirazzista’. I lavoratori raccontano che erano pagati 25
euro al giorno per 10 ore di lavoro nei frutteti.
 
Alar oltre a fare proposte ne riceve. Un sacerdote di Siracusa
ha avuto l’idea di fondare insieme una cooperativa di
lavoratori stranieri. Un modo per garantire l’autogestione e
prevenire abusi e sopraffazioni. E non e’ detto che presto
l’idea non si trasformi in progetto. Tuttavia la battaglia
principale combattuta dall’organizzazione e’ sul fronte dei
documenti. "Abbiamo il diritto al permesso di soggiorno
umanitario perche’ siamo doppiamente rifugiati", osserva Kader,
regolare da un anno, "prima in fuga dal nostro Paese d’origine
in cui la situazione sociale ed economica non ci permette di
vivere, poi da Rosarno dove siamo stati cacciati".
 
A febbario e a marzo, banderuole e megafono alla mano, i
migranti di Alar hanno manifestato piu’ volte davanti alla
Prefettura di Roma per chiedere un incontro con il Prefetto,
Giuseppe Pecoraro. Per il momento il governo italiano ha
riconosciuto il titolo provvisorio solo a undici di loro che
erano stati feriti durante gli scontri. L’Alar si batte per
tutti gli altri che rimangono nell’illegalita’. "A Rosarno
eravamo sessanta e la maggior parte ha avuto paura di andare
all’ospedale. Ora non sono riconosciuti come vittime e questo
e’ ingiusto", riferiscono dall’associazione.
 
Nata nell’emergenza, Alar ha imparato confrontarsi con realta’
sempre piu’ difficili. "I grandi hangar in cui gli stagionali
dormivano vicino ai campi sono stati chiusi dopo gli scontri",
spiega Beppe responsabile di un’associazione calabrese, "ora
sono costretti a vivere in case abbandonate, lontano dalla
citta’, senza acqua ne’ luce". Ma all’Alar di Roma soffia un
vento nuovo. "Anche se il nostro sogno di giustizia e’ troppo
grande per diventare realta’", conclude Kader, "sono convinto
che se restiamo uniti riusciremo a far valere i nostri diritti.
 
Non dobbiamo piu’ avere paura di reclamare il diritto di essere
pagati per il nostro lavoro e di vivere in modo decoroso. Si
deve rompere il circolo vizioso che oggi vede la maggior parte
degli stagionali accettare stipendi da fame e qualsiasi
condizione".

http://www.agi.it/news/notizie/rosarno-gli-africani-della-diaspora-romana-una-buona-notizia

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